La pandemia ha stravolto in modo sostanziale la relazione tra tutte le persone: il distanziamento fisico si è trasformato in distanziamento sociale con conseguenze psicologiche ed affettive nella vita di ognuno di noi. Queste conseguenze sono ancora più laceranti nelle RSA (Residenze Sanitarie Assistenziali) e RSD (Residenze Sanitarie per Disabili) dove, per tutelare i residenti, sono state attuate radicali misure di isolamento. “Per questo – come ricorda il direttore generale Ivan Scaratti -, sono stati numerosi i progetti che la Fondazione Elisabetta Germani ha messo in atto in questi mesi allo scopo di salvaguardare anche l’aspetto psichico e psicologico dei suoi residenti: mantenimento dei contatti con i familiari tramite telefonate e videochiamate, incontri programmati in modalità protetta fino all’attuale Dpcm, quindi all’aperto e per breve periodo in un locale dedicato tramite interposizione di un vetro, costante aggiornamento delle condizioni cliniche da parte delle figure sanitarie”. Ad oggi, “la sfida attuale per la Fondazione – sottolinea il direttore sanitario Isabella Salimbeni – è realizzare il raggiungimento dell’equilibrio tra le misure di sicurezza e il mantenimento della qualità della vita”. La dottoressa Salimbeni, geriatra, ricorda “quando l’isolamento sociale e la lontananza dai propri affetti comportino effetti deleteri sul tono dell’umore, creando spesso disturbi dell’appetito e del sonno. Garantire la salute è assicurare una condizione di equilibrio, dinamico, continuamente da costruire, tra la persona e l’ambiente, umano, fisico, biologico, sociale, che lo circonda”. Di qui l’impegno della Fondazione in alcuni interessanti progetti. Ad esempio “Non chiamateci casa di riposo” che consiste, come spiega la referente del servizio di animazione, Elena Aroldi, “in attività di piccoli gruppi ludico – ricreativo ed educativo – animativo: laboratori, letture, conversazione, tra alcuni residenti e i loro  familiari, collegati via web”. C’è poi “Emozioni in vita”, tra le numerose attività educative portate avanti dall’équipe degli educatori guidati da Luca Della Valle, psicologo, con il supporto della coordinatrice Laura Gobbi: si ricorre all’arte come strumento di intervento per cogliere le interrelazioni tra mente, corpo, stati emotivi ed immaginativi. Altra attività, “I nipoti di Babbo Natale”: la terapista occupazionale del Nucleo Alzheimer e dei Servizi Territoriali, Serena Lupi, ripropone il progetto dell’associazione comasca “Un sorriso in più Onlus” per realizzare i desideri espressi dagli anziani residenti grazie ad anonimi donatori. Con “La finestra” lo staff animativo, educativo e la terapista occupazionale stanno progettando una iniziativa per consentire ai familiari di salutare e scambiare alcune parole con i loro cari attraverso un’ampia finestra. C’è, poi, il “Gruppo ascolto famiglie” grazie alla psicologa Elena Lucchi: incontri mensili di gruppo via web. Non manca l’attività domiciliare sul territorio, mai interrotta, ma erogata nel luogo più naturale, la casa. “Tutti questi progetti – osserva il dottor Scaratti – sono realizzabili grazie alla professionalità e sensibilità degli operatori sanitari ed assistenziali, coordinati all’interno dal dottor Mario Cucumo e al domicilio dal dottor Merlini, e di tutte le professionalità mediche che ogni giorno si prodigano per il benessere dei nostri residenti”.

da La provincia del 18/11/2020